Scultore bizantino, Testa femminile detta di Teodora, marmo, 540 circa (n. inv. 755)
L’opera tornò alla luce nel 1846 a circa 80 cm sotto il suolo nei pressi di via San Primo a Milano: il rinvenimento a poca profondità e nel circuito delle fortificazioni consente l’ipotesi che essa sia stata impiegata come materiale da costruzione della cinta muraria.
La scultura propone l’effigie di una donna matura dalla fisionomia connotata dagli zigomi alti, dagli enormi occhi sgranati, dalla forma perfetta del volto. Il capo è riccamente ornato da un’alta cuffia a coste decorata da un diadema di perle con, al centro, una gemma ovale.
L’alta qualità di questo ritratto, che ne fa uno tra i più significativi esempi dell’arte bizantina in Occidente, pone il problema della sua identificazione. Variamente interpretata come l’imperatrice Teodora (517-584), moglie di Giustiniano, o come Giustina, madre dell’imperatore d’Occidente Valentiniano II, l’opera si colloca in equilibrio tra impersonale evocazione di maestà e naturalismo, grazie all’associazione tra la resa individualizzata dei tratti fisionomici e un trattamento essenziale dei volumi.